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      Il sentimento dell'indipendenza bisogna averlo per sé prima di tutto: quello che riguarda la nazione ne sarà la conseguenza necessaria.
      A' denari guadagnati l'impiego era già bell'e trovato fin da prima, ed anzi sospirato. Da un pezzo mi trovavo a piedi, con mio gran rammarico. Quantunque la mia pensione fosse salita a 40 scudi il mese, non era possibile l'economizzare su essa il costo d'un cavallo. Quello che comprai, di razza romana, aveva l'età del giudizio; pure era un buon animale, un po' paventoso bensí, ma che mi serví bene ne' miei viaggi artistici, e che intanto cavalcavo per Roma con immensa delizia. La passione dei cavalli è stata per me una vera tribolazione. Ogni poco la fortuna mi pose in condizione di dovere e di potere tenerne, per prendersi poi il diletto di farmeli vendere quando mi ero loro affezionato. Come soldato, o ministro, o governatore ebbi belli e buoni cavalli, ma uscito appena d'impiego, addio scuderia! Bisognava venderli....
      Nella classe de' dispiaceri di second'ordine, è stato uno de' piú pungenti che abbia provati: quanto ho capito ed invidiato Alfieri! Ma ho sempre sacrificato tutto piuttosto di far debiti, che molto spesso significano, vivere non del proprio ma dell'altrui.
      Se fossi rimasto in Roma, avrei dovuto appunto finire a questo modo, o vendere il cavallo per comprargli il fieno: ma era l'inverno in sul finire, e mi venivo disponendo a riprendere la mia faticosa carovana sul vero. In campagna la spesa del cavallo diventava sopportabile anco ad una borsa come la mia.
      La primavera che suol cacciare di Roma i forestieri come l'anatre dai paduli, e mandarli a voli verso il nord, mi tolse la cara e simpatica compagnia dei Lascaris.
      Ho detto di lui: ma non voglio separarmi dalla loro memoria senza dire due parole anco di lei.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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