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      Con tre bacchette a cifra 4, la caricai a trappola, e la notte seguente ebbi la consolazione di sentirla scoccare, ed udire l'ultimo addio d'una grossa sorca che v'era sotto; e sulla cui lapide sepolcrale ebbi la barbarie di far un ballo, saltando dal letto in camicia, perché si riducesse piú completamente allo stato di frittella.
      Dai pipistrelli che mi sventolavano il viso non trovai modo a liberarmi. Uscivano di dietro quel parato di cuoio, da irreperibili fessure. Ma sono gli animali piú innocenti del mondo, e non mi diedero altrimenti noia.
      Qui incominciai una delle piú faticose studiate che abbia fatta in vita mia.
      La bellezza di Genzano sta alla riva del lago; vi si giungeva allora (oggi non so) per un ripido ed incomodo sentiero. Ogni mattina me n'andavo giú cogli attrezzi in collo; e l'ingiú era nulla, facile descensus averni; all'insú ti voglio, al revocare gradus, sull'ore infocate!... Ma c'era la volontà, e per sostenerla un po' d'amor proprio ed un po' di senso del dovere che cominciava a formarsi in me.
      Sulla riva del lago, non lontano dalla capanna d'un uomo che aveva per industria d'affondare il lino (farlo macerare), è il famoso platano del lago di Nemi. Esso non presenta piú la scorza chiazzata, ed in continua muta, de' platani giovani; ma ha fatto un tronco grosso, nodoso e rugoso come fosse un vecchio castagno. Me lo studiai a tutto agio, e per l'intera stagione: finito uno studio ne principiavo un altro, e venni cosí a metterne insieme un buon numero; combinando col lavoro del pennello la lettura e rilettura de' miei pochi libri; e piú di tutto il lavorio della mente, in quelle lunghe e solitarie ore beate che passavo circondato dagli inesauribili tesori d'una bella natura.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Genzano Nemi