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      Si dormí a Velletri, ove il compagno volle buttarsi dalla finestra, ed a mezza mattina eravamo a Cisterna, quando appunto cominciava messa cantata. Finita la messa, uscí la processione che impiegò un'ora a far il giro della piazza; ed ancora mi par di veder il prete che portava la reliquia, venire alla coda fra' ceri, calvo affatto, con quel tremendo sole delle paludi che gli cadeva a piombo sulla pelle lucida del cranio, dal quale era riflesso come farebbe una palla d'avorio ingiallito. Gli occhi serrati, le guancie aggrinzite di quel semimartire mostravano in qual mare di delizie nuotasse.
      Ma uno spettacolo piú inaspettato mi fece presto scordare il prete. Sento tra gente e gente correre un bisbiglio, un sussurro che si comunicava da vicino a vicino: ed intorno a me si comincia a dire assai chiaramente: - I briganti! ecco i briganti!
      Mi volgo, m'alzo in punta di piedi (precauzione superflua col mio grado di longitudine), cerco con lo sguardo sulle teste, e vedo difatti non lontani tra gente e gente i cappelli a pizzo inghirlandati di nastri a svolazzo, distintivo della rispettabile corporazione.
      Erano proprio loro.
      Per quanto avvezzo agli usi del paese, non mi sarei mai figurato che il facile vivere italiano giungesse a tanto.
      Fatto sta che i signori Assassini giravano per la fiera, alcuni sotto braccio a' borghesi, e portavano il loro uniforme carico di galloni, di medaglie o meglio monete, di catene d'oro d'ogni razza. Non vedevo né cherubine, né tromboni, né altre armi apparenti: erano puliti, colla tela delle cioce di bucato, ed una faccia serena e clemente, come a dire: "Divertitevi, buona gente, non siamo già lupi né orsi, ci vogliamo divertire anche noi."
      E i carabinieri pel buon ordine (pareva una fatalità) si trovavano sempre nell'angolo della piazza diagonalmente opposto a quello occupato dalla banda.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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