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      E pensare che erano otto paoli!
      Non importa; l'ospite è un dono di Dio, dice il codice dei patriarchi, dei beduini e de' selvaggi pelle rossa. Dunque avanti! Non si bada a spendere! colazione in castello, braciole e caffè e latte; ed a pagare si penserà poi.
      Per fortuna la visita durò poco: Iddio, per fortuna, si riprese il suo dono prima dell'ora di pranzo; punto capitale. Ma al modesto trattamento non avevano bastato gli otto paoli, onde nel mio bilancio per poter dormire tranquillo sullo zero avere, mancavano cinque o sei paoli.
      Io ho sempre detestato i debiti; ma anche i Romani detestavano il potere dispotico, eppure ebbero piú dittatori di quello che abbia io avuto mai creditori dacché sono al mondo.
      Ma questa volta diveniva inevitabile crearne uno. Diedi mentalmente un'occhiata in giro a tutti i miei amici coetanei senza trovarne uno sul quale appoggiarmi. Era per fortuna ministro a Roma il conte Barbaroux, fra' piú dotti, piú onesti e migliori nostri magistrati, al quale ero raccomandato da mio padre. Gli scrissi, ed a posta, o per esser piú esatto, a vetturino corrente, ebbi la somma che gli avevo domandata: dieci o dodici scudi, se ben mi ricordo, a prova che le mie dissipazioni non erano sfrenate.
      Cosí, carico di studi, quanto di benedizioni dai creditori, dai giovani, dalle ragazze e da tutto il paese, lasciai Genzano ed in principio d'ottobre ritornai a Roma.
      Come l'anno innanzi, trovandomi degno d'un mese di vacanza e di riposo, diedi sesto agli studi fatti, e poi me n'andai in Albano, ove si radunavano parecchi e parecchie del mio giro abituale.
      Questo mio giro di conoscenze era composto di ottime persone, secondo i luoghi ed i tempi; ma ad un giovane faceva purtroppo piú mal che bene, come in genere tutta la società romana d'allora.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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