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      Io ne parlai cogli amici, Venuti ed un altro. Si decise d'accettare la commissione, fissando il prezzo ad un pranzo sull'erba per la compagnia.
      Si cominciò il lavoro la mattina presto, con animo di finirlo per mezzogiorno. Portati colori, pentole e pentolini, si trovò per macinare e per altri servizi un personale improvvisato, non molto artistico, è vero: tre banditi rifugiati nella cappella. Ci servirono a meraviglia; a mezzogiorno l'opera era finita e collaudata, e si sedeva al fresco in un prato a goder le grazie del sor Fumasoni.
      Questi rifugiati, com'è credibile, passando talvolta mesi e mesi in ozio, giocano, s'azzuffano tra loro (già sono al sicuro quanto a carcere), e si guastano a vicenda sempre piú.
      La loro posizione di semi-banditi non ispira nessuna animavversione contro essi.
      Le memorie storiche, quanto le tradizioni popolari spiegano pienamente lo stato presente di quella società. Ho osservato che negli antichi feudi delle grandi famiglie romane gli abitanti sono piú che altrove facili alle prepotenze ed alla violazione delle leggi: violazione che fra il popolo vien giudicata qual prova di superiorità. È naturale: non è forse stato il distintivo delle classi superiori per molti secoli? V'è poi da aggiungere che in Roma questa prepotenza de' grandi è durata sino ad oggi, e sto per dire dura ancora; o almeno potrebbe durare, se chi è in posizione d'esercitarla non fosse frenato dall'opinione e dallo spirito pubblico.
      Le tradizioni popolari, pascolo di uomini rozzi, ignoranti, e di naturale ferocia, non possono vagheggiare eroi ed uomini grandi delle età passate dei quali ignorano i nomi. Vagheggiano quindi, e scelgono ad eroi ed a modelli famosi banditi, de' quali odono continuamente esaltate le gesta dai cantastorie nelle fiere e nelle feste de' paesi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Venuti Fumasoni Roma