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      Con queste precauzioni non c'è esempio che la faccenda finisca male.
      Tale è il sunto delle dottrine insegnate non dal dogma cattolico, ma da un clero ignorante ed interessato: e tale n'è il frutto.
      Siccome poi su questi uomini la pressione della civiltà, dell'opinione de' paesi meglio educati è nulla, poiché non vi sono né uomini né libri che modifichino gli antichi costumi, perciò vi si vive all'incirca come nel medio evo. Chi ha a mente le cronache, le novelle, le vite di tre o quattro secoli addietro, trova qui tutto tale e quale. Quelle cosí dette beffe che s'usavano un tempo come piacevolezze, e delle quali sono piene le novelle del Boccaccio, di Franco Sacchetti, del Lasca, ecc., burle da tender un pover uomo epilettico per lo spavento, o lasciarlo stroppiato per la vita, fioriscono ne' paesetti simili a Marino, come nella Firenze di Calandrino e del Gonella buffone.
      Mi ricordo d'un villanzone al quale ad un pranzo di allegria attaccarono dietro al laccio de' calzoni una grossa castagnola (pétard), stretta a spaghi raddoppiati. Quando scoppiò, fu un miracolo che non gli si spezzasse la spina dorsale, e andò lui e la sedia a gambe all'aria!
      Un altro, indotto a nascondersi in un cassone, non mi ricordo se con speranza di fortune amorose, vi fu chiuso e lasciato tanto che per poco non morí d'asfissia.
      Ma la piú barbara (moralmente parlando) fu quella inventata dal sor Checco in uno de' suoi momenti ameni, a carico di un garzone che governava le bestie e faceva servizi per casa.
      Quest'originale avea nome Stefanino, e dormiva in cortile dentro un'antico sarcofago senza coperchio, quindi al sereno. Una volta s'ammalò e vi compí il corso della sua malattia, come se fosse stato in un buon letto ed in una camera ben custodita.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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