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      Quando, ritornando dal lavoro sotto la sferza del sole, salivo l'erto e faticoso colle sul quale (se non la virtú) era però posta casa Tozzi, quest'ottava me la tornavo a mente, e vincevo piú volentieri il caldo, il sudore e la fatica. Altre volte tornando a casa affamato e trovandomi innanzi un fritto, verbigrazia, che in quelle disposizioni spandeva una fragranza che imbalsamava l'aria, me lo tenevo sotto il naso e stavo cosí un pezzo senza toccarlo.
      Questi fervori di novizio paiono e sono in parte puerilità, ma hanno pure un lato utile e serio; e li credo segno di buone tendenze e di capacità al progresso morale. Esercizi di questo genere, che ognuno può variare a piacere, non sono certo fatica buttata. Io consiglio ai giovani di farne argomento di riflessione.
      Badi però, che se mi par utile manifestare i modi ch'io tenevo onde rinforzarmi il carattere, non intendo vantarmi per questo d'esservi riuscito, né in allora né pel tempo di poi, quanto avrei dovuto e potuto. Intendo soltanto far conoscere i metodi da me usati, la forma pratica ch'io davo al precetto del dominare se stesso.
      L'opera piú degna, anzi lo scopo della vita umana, non è forse quella di dominare, purificare ed elevare la propria natura?
      Questo lavoro dovrebbe incominciare coll'uso della ragione, e durare fino alla morte. Ma alla maggior parte dei giovani, né i parenti né gli educatori risvegliano idee di questo genere, perché neppure essi le hanno. Ci pensino un po' piú e parenti ed educatori.
      Qui intanto mi vien bene citare un esempio di lotta morale contro se stesso, accompagnata da circostanze che mi paiono istruttive ed interessanti.
      Mio fratello Enrico era nato in tristi giorni, che dovettero influire sul suo organismo quanto sulla sua intelligenza.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Tozzi Enrico Esercizi