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      Nostra madre era gravida di lui, quando le fu annunziato che il marito era stato ammazzato all'affare delle Acque Rosse sul San Bernardo. Seppe di poi che era prigione in Francia; ma tuttavia quante ansie, quanti spaventi! Regnava il Terrore; e basti dire che fu decretato si scannassero i prigionieri. Per fortuna i sentimenti d'umanità e di onore calpestati dagli uomini d'allora, non mai abbandonarono l'esercito. L'esercito disubbidí, e i governanti non osarono costringerlo.
      Enrico, difatti, era un composto curioso di qualità piú o meno buone, ma dissimili affatto da quelle de' suoi fratelli. Bello, ben costrutto, e forte di membra; natura nervosa, impressionabile, variabile. Cuore eccellente. Intelletto piú tardo che ottuso, talento sufficiente. Facile all'entusiasmo come alla sfiducia, quindi facilmente incostante e irresoluto. E su tutto quest'insieme un velo di malinconia, che, secondo occasioni, s'addensava e diveniva per lui e per chi lo amava un vero tormento.
      Nella sua e nostra infanzia, egli si sentiva meno vispo, meno destro, meno pronto de' suoi fratelli. Era impossibile che il senso continuo d'un'inferiorità, ch'egli però molto esagerava, non influisse sul suo carattere, e non germogliassero quindi nel suo cuore molti de' tristi semi che divengono poi le spine della vita. Gelosia, irritazione, invidia, e poi sfiducia e tristezza, amor della solitudine, alternati con sforzi e conati a salti, con fervori di lavoro.... tutto questo miscuglio di tendenze penose e contraddittorie, presenta senz'altre spiegazioni l'idea d'un uomo intimamente infelice. E lo era, pur troppo, il povero Enrico! Egli non poté vedere i trent'anni, epoca alla quale aveva annesso una speranza di calma, di serenità, di riposo dalle dolorose prove della prima gioventú. Gli pareva, e lo diceva cogl'intimi, che allora sarebbe giunto ad ottenere a forza di fatiche anch'esso il suo posto nel mondo; ad ottenere di potersi presentare a fronte alta senza trepidar sempre pel sospetto d'esser tenuto in poco conto, o dileggiato, o lasciato da canto.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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