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      D'onde scaturiscono poi tutte le depravazioni: e fra queste la fatale dottrina dell'assassinio politico: i dementi entusiasmi di uomini d'altronde stimabili, per i celebri sicari; e quell'irrequietezza del pubblico, che quasi brancolando nelle tenebre, cerca rimedio ai suoi mali, come un ammalato, intollerante per lungo soffrire, si abbandona agli empirici.
      Tuttavia ci vorrebbe coraggio per asserire che l'amor patrio, l'amore dell'indipendenza, della libertà, della parità di diritti legali fra cittadini; che il culto, infine, dei piú nobili concetti del genio umano, avessero per unico loro rifugio la setta, che a Roma si reclutava allora in gran parte di veri malfattori.
      Le piú alte idee, i piú sacri affetti hanno fra gli uomini di tutte le epoche servito di maschera al delitto: è verità nota ed antica quanto il mondo. I membri di quelle tenebrose associazioni erano per lo piú uomini pieni di vizi, incapaci di qualunque sforzo onorevole per farsi un posto nel mondo, quale lo vagheggiava la loro vanità, e la loro sete degli agi e degli splendori della vita. Il farsi apostoli di setta, usando tutte le jongleries del mestiere, per sedurre, o spaventare secondo i casi, e dominare chi aveva eguali tendenze, ma meno astuzie e meno energia di loro, procurava una posizione influente, rispettata fra gli adepti; pallida immagine, è vero, di quella piú alta che avrebbero desiderata, ma che aveva pur sempre il gran merito di non richiedere vere fatiche, e di non essere del tutto senza profitti pel loro ben essere materiale.
      Qual è l'altare, sia qualsivoglia l'idolo, religioso, politico, sociale, scientifico ecc. ecc., che non faccia le spese al suo sacerdote?
      Credo che questa breve fisiologia delle sètte riproduca assai esattamente la verità, ove però si aggiunga una riserva.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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