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      In quest'occasione, nessuno poteva supporre che il nuovo Papa intendesse derogare alla consuetudine stabilita.
      Consalvi e Della Genga non potevano, a detta di tutti, essere amici. Si raccontavano molti aneddoti, ed uno fra gli altri, che dirò come fatterello che allora correva; ma mi guardo bene dal guarentirlo.
      Si diceva che, volendo togliere a monsignor Della Genga non so quale ufficio, gli dicesse asciutto asciutto: - Monsignore, da questo momento sono cessate le sue funzioni, - senza prendersi pensiero di rendere meno amara la pillola.
      Vera o non vera la cosa, il giogo del cardinal Consalvi non fu né soave né lieve, come fu altrettanto appassionata la reazione che gli si dichiarò contro, appena morto Pio VII.
      Chi considera imparzialmente il carattere e la vita di quell'uomo, non può chiuder gli occhi alle qualità di fermezza, d'onestà, di prudenza che lo fregiavano. I suoi errori erano, piú che suoi, del tempo, erano dell'educazione, e soprattutto dell'ambiente nel quale avea dovuto continuamente vivere.
      Nel giudicare gli uomini d'ogni età, troppo spesso si trascurano affatto questi importanti elementi del processo; e date le passioni di parte, si trascurano piú che mai giudicando i membri della Curia romana.
      Consalvi, come molti altri, non sospettò neppure la natura del gran movimento moderno. E questo fu il suo vero errore. Nella rivoluzione non vide che il '93. Nel congresso di Vienna non vide che un atto della divina misericordia, mossa a cicatrizzare le piaghe dell'Europa. Come la maggior parte de' governi d'allora, vide il rimedio nella rinnovazione di quelle cause medesime che avevano prodotto il male.
      E se un senso intimo, un lampo di senno pratico l'avvertiva non esser però supponibile che un cosí profondo tramutamento d'idee, di cose, di uomini, potesse essere passato senza lasciare una traccia degna di venir tenuta a calcolo; non ebbe però bastante altezza di mente (ecco i frutti dell'ambiente!


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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