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      Io che sempre fui di carattere quietamente allegro, mi conoscevo ottimo elemento per entrare in mezzo a queste repulsioni e neutralizzarne l'effetto.
      Mio padre poi anche di fuori di casa riceveva immeritate punture.
      Le sue opinioni ferme sempre ed irremovibili, non erano per lui semplicemente speculative. Egli ne cercava il trionfo coll'opera, cogli scritti, con tutti i mezzi accettabili per un uomo onesto: per esse, come vedemmo, aveva sacrificato tranquillità, sostanze, ed esposta la vita. Parlando d'un par suo, sarebbe ridicolo l'aggiungere che non aveva mai cercato di farsene scala ad onori o profitti di nessun genere.
      Dopo la restaurazione del 1815, molti le professavano per moda, ed anche piú per speculazione. Dalle vicende del '21 era nata una recrudescenza di zelo; ed io avevo trovato Torino pieno di società cattoliche, ove si pagava un'inezia, ma che servivano a far popolo e tenere stretto il fascio gesuitico. Mi faceva ridere veder certe delle nostre dame pagar il loro quattrino, e stare con aria tutta compunta in società, mentre m'era accaduto vederle in altri momenti con occhi e visi tutt'altro che mistici.
      Mondo!
      La rettitudine di mio padre era spinta al punto di rendergli impossibile il sospettare in altri doppiezza. Fu questo nobil difetto uno de' pochi che in lui si notassero.
      Egli s'era venuto formando una compagnia di amici e conoscenti che professavano le sue massime; erano costituiti in società, tenevano sedute, discutevano degli interessi della loro parte, deliberavano risoluzioni, ecc. La maggior parte di questi zelanti si tenean fortunati di riparare all'ombra della indiscutibile lealtà di mio padre i loro giochetti. Ma o questi andassero tropp'oltre, o qual'altro ne fosse il motivo, fatto sta che al governo entrò in sospetto la società, e senz'altri preamboli la sciolse.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Torino