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      Non chiedendo io, anzi avendo espressa piú volte questa mia giustissima opinione di me, non è meraviglia se chi regge abbiami creduto meno capace o fors'anche amante del riposo, cosí che tali cose io dicessi per potermelo godere. Per me sono sí pienamente persuaso della giustizia di tal modo d'argomentare, che trovo anzi essere stato meraviglioso contrassegno d'affetto e di stima l'offerta fattami l'anno scorso d'una carica onorevolissima. Un motivo di scusarmene ebbi, sí vero, sí gagliardo che i pochissimi cui lo confidai, per averne consiglio, e lo stesso da cui m'era proposta, ebbero a confessare che io cosí dovevo operare! Intanto ho una positiva dimostrazione di non essere stato scordato. Se poi si pensò realmente a mandarmi in Sardegna, se le mie risposte fredde e misurate a chi me ne andava parlando mostrarono un non curante, se forse anche vi fu persona che a mia insaputa, e parlando quasi mio interprete, rimosse la cosa, è pure da dirsi che mi si dava un gran pegno di fiducia, sí; ma s'ha a lodare Iddio d'aver avuto pietà delle mie spalle fievoli a tanta soma, e di quelli isolani ai quali è necessario un uomo sommo. Par vera la nomina del conte Balbo, che è appunto quel desso.
      Ora se tu avessi anche compreso fra gli sconoscenti il re (cosa non lodevole se dura tuttora il quarto comandamento del Decalogo), neppure in questo avresti ragione. Egli d'un carattere ritenuto anzi che no, m'ha cento volte usato atti di benevolenza, espressi oltre l'indole sua: avvezzo a tanti postulanti, ha pensato a me che stavo in disparte; e se non mi ha data la gran croce, deesi pensare quanti sono in corte e nel militare avanti a me, che pur non l'hanno; e compatirlo ancora, quando si credesse aver lui dovuto a loro prepormi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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