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      Operare il bene per piacere a Dio. Questo è il principio della sublime altezza alla quale sorge il piú infimo di noi, se veramente è cristiano. Ciò non esclude la magnanimità: anzi la produce. Ne nasce bensí, che, essendo tutti quanti soggetti a fallire, i motivi secondari di virtuosamente operare, la virtú umana, oltre la naturale fralezza de' figli d'Adamo, è incerta per se stessa, non avendo stabil base contro qualunque urto. La base celeste nostra non può vacillare: sempre sarà vero, che avrò da Dio premio di cosa fatta per lui. Aggiungi i pregi d'ogni virtú cristiana, e sarà chiaro essere il cristiano il migliore dei sudditi, l'ottimo fra i cittadini. Infatti egli non uscirà in parole sesquipedali contro il principe: crederà compresi nella carità i ministri del re, onde si debba a loro almeno il riguardo comandato verso ognuno dei prossimi. Crederà doversi loro eziandio maggiore per il danno grande che nasce dall'animosità contro chi regge, per la difficoltà del loro impiego accresciuta a dismisura dalla setta straziatrice che diffama, incaglia, e tenta colle dissensioni, coi dispareri, coi rancori di scavare la fossa sotto i troni, onde ad un urto opportuno rovinino e schiaccino gli amatori tutti nell'onesto. Crederà suo dovere di concorrere alla comune felicità, altrimenti che con parole, tanto piú vane quanto è lungi, chi non ha la pratica, dal conoscere la diversità somma tra i sistemi ideali e la possibilità e facilità dell'eseguimento. Egli non rinuncia ai vantaggi, all'onorevolezze, che sono congiunte col servizio del principe: ma non essendo queste l'oggetto suo principale, ne soffre senza turbamento la privazione. Né cerca coll'adulazione, col basso corteggiare d'ottenerle.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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