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      Tal suo disinteresse, accoppiato colla riverenza comandata dal quarto precetto del Decalogo, lo fermano nel punto medio, ove né si pieghi a basso strisciare cortigianesco, né si volga a torbida alterezza sprezzatrice, oziosa, capitale nemica della società. Non può star la società senza regola, senza sistema: le case nostre, sí piccole che sono, come sarebbero, se cucinasse il cuoco soltanto quando gli piace; se ogni individuo volesse stabilire per sé l'ora del sonno, del cibo a suo talento, ecc.? Siano tutti veri cristiani gli uomini, e saranno veri, ottimi cittadini e sudditi. Bene! ma quando uno o pochi operano cristianamente, essi soffrono e giacciono in disparte; trionfa e gode chi non ha moderazione siffatta. Molto v'è da dire, e non finirei sí presto se volessi discutere e ridurre al vero tali trionfi e tali patimenti: quanto deboli sono questi per chi non bada alle cose di quaggiú, se non come un di piú; per chi trova poi anche nella quiete un compenso delle onorificenze negategli!
      Quanto vane sono le esultazioni ed i godimenti dell'ambizioso, sempre anelante ad altro che non ha: sempre pavido di perdere l'acquistato; oggetto d'invidia e di critica, legato a continuo lavorio e logorio. Un ministro cristiano che per Iddio faccia il suo dovere, merita d'andare sugli altari quanto un solitario di Scete o di Tebaide. Al postutto, sia come esser si voglia la cosa quaggiú, non sarà mai da compiangere il cristiano al quale in brev'ora verrà premio sí grande ed imperdibile. Sarebbe grande sforzo ad alcuno, se trovandosi al Lingotto o a Beinasco (casali presso Torino), si vedesse preposto un qualche servitor di campagna nella distribuzione di pochi pugni d'arido fieno; quando sapesse che fra meno d'una mezz'ora verrà l'esercito d'Italia a gridarlo re di tutta questa vaga, ricca ed illustre contrada?


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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