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      Un giorno mi venne a trovare tutto afflitto, e mi narrò che il padre, trovando che le arti e le lettere lo distoglievano dalla zappa, l'aveva maltrattato, e con un'ascia avea messo in pezzi il frutto di tanti sudori, studi, e, tutta la sua consolazione, quell'aborto di violino!... Povero giovane, mi fece una pietà!...
      Non so che cosa avrei pagato in quel momento per avere nelle unghie uno di que' tanti signorini di belle speranze, che circondati di educatori, di buoni esempi, di tutte le facilità per istruirsi ed educarsi, - inutile! - son nati asini, ed asini vogliono vivere e morire. Avrei messo il mio villano in casa sua, e lui a vangare!
      Questo povero contadino io dovei presto lasciarlo: e in conclusione temo avergli fatto piú male che bene. Gli avevo lasciato balenare sul viso un momento un lampo di luce, che gli avrà poi reso piú amare le tenebre alle quali era inesorabilmente condannato.
      Non ch'io mi faccia illusioni sulle speranze ragionevoli che si possono concepire in simili casi. Non si trova ogni giorno un Giotto in un pecoraio. Ma dica? Che tristo spettacolo vedere gli sforzi impotenti d'un oscuro ed ignorato contadino verso un'emancipazione morale, che travede, che desidera, e dalla quale è respinto ciecamente da una forza bestiale!...
      All'avvicinarsi dell'autunno, fossero le fatiche, le angustie morali, fosse l'aria poco felice in quella posizione a cavaliere della Campagna romana, fatto sta che la mia salute si trovava notabilmente alterata. Già per me il clima di Roma fu sempre una lenta malattia. Siccome però sono ancor vivo oggi, è evidente che il mio organismo non vi soffriva essenzialmente: ma si può sentirsi molto ammalato senz'esserlo realmente; ed era il caso mio.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Giotto Campagna Roma