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      Non si trattava che a biada, badiamo, e s'arrivava a Napoli coi cavalli vivi. Questo l'ho fatto io. Io trovai uno di questi suoi legni in partenza, e partii serpeggiando - frase romana -, vale a dire con un posto in serpa (a cassetta), nel quale ebbi la compagnia d'uno studente, o giovane professore tedesco, che mi pare avesse nome Westphall, o qualche cosa di simile.
      Avevamo ambedue pochi quattrini, stato che ispira sentimenti concilianti, e difatti non eravamo a Tor di Mezzavia che giŕ ci pareva di esser fratelli.
      Arrivai a Napoli, e smontammo dal mio antico amico, il signor Giacomo Rotondo, vico d'Afflitto, all'insegna della Speranzella. Il sor Giacomo, vecchio gottoso, tutto cuore per la gioventú, aveva sempre la casa piena di spiantati, e per conseguenza d'artisti, de' quali era la provvidenza. Mi rivide con piacere, e ci stabilimmo il mio compagno ed io, nella parte meno calda della casa. Con tuttociň il caldo era insoffribile. Un medico che consultai subito, mi disse che mi bisognava una cura lunga ed esatta, ma che con quei calori era impraticabile. Tornassi alla rinfrescata. Mille grazie! Due mesi almeno da star sulle spese a Napoli. Pazienza! dissi, profittiamone per studiare: ed ansando o palpitando, ricominciai ad andare dal vero.
      In casa erano parecchi artisti co' quali feci lega. C'era il fratello del Pére Enfantin, che andň poco dipoi a morir di perniciosa a Pesto; c'era un tal Joinville, c'era Storelli padre e figlio piemontesi; Romegas pittor di marine, catalano, un buon figliuolo, col quale feci compagnia per andar a studiare. Gran bella cosa la gioventú! Tosto si piega e si confŕ con tutto, con tutti, e pare sempre sembra si trovi nel suo elemento!
      Cosí passavo il tempo, lavorando per la spiaggia di Mergellina, la Regina Giovanna e que' seni cosí pittoreschi, coi loro gran tagli di tufo, e quelle grotte, antiche cave dalle quali uscí Napoli.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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