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      In questa casa concorreva la prima società di Napoli, si ballava a pianforte in una sala, ed io servivo per lo piú d'orchestra. Nella camera accanto ballavano i ducati senza accompagnamento di musica, e talvolta si eclissavano in un modo poco spiegabile e pochissimo piacevole pel puntatore. Piú volte m'accadde, trovandomi con venti o trenta giocatori, di mettere la mia posta. Il colpo venendo in favore, mi pareva poco civile gettarmi tosto a raccogliere la vincita: ma m'ero accorto che la civiltà non era molto apprezzata da quei signori: arrivando l'ultimo, trovavo la raccolta fatta, senza neppur sapere a chi dire grazie! A' tempi di Luigi XIV, secondo le descrizioni del Chevalier de Grammont, il genere di moda era appunto questo. È curioso osservare che il tricher al gioco, per un gentiluomo non era déroger. E sempre aveano in bocca l'onore, costoro. Per fortuna le idee sono cambiate; ed a Parigi come a Napoli forse vi sarà ancora chi ruba al gioco, ma almeno speriamo si chiami ladro e non gentiluomo.
      Seguitando io intanto in quest'alternativa di vincite sempre piú piccole delle perdite, e vedendo venir meno le mie finanze, mi cominciai ad angustiare; ci venivo pensando alla giornata; la sera mi addormentavo piú tardi, la mattina mi svegliavo piú presto, facendo senz'avvedermene, e cosí a mente, conti, somme, sottrazioni. La tal sera tanto di vincita; la tal'altra tanto in perdita e poi quest'altra in pari, poi perdita di nuovo, e poi vincita, e poi calcoli, totali, riflessioni sulle probabilità, sulle spese dell'albergo da pagarsi, ecc. ecc., insomma mi sentivo sempre irrequieto, seccato, tormentato.... "Son pure un gran minchione!" dissi finalmente una sera in letto dopo d'aver passeggiato per due ore sul materazzo senza poter prender sonno.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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