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      Anche questo è frutto di pessimi Governi, che tennero in sequestro quelle povere popolazioni. Strade, scuole e libertà legale; e tutto ciò sparirà presto, compresi i cattivi versi.
      Dopo le terzine, mi passò pel capo di far un poemetto romantico-archeologico coll'azione a Pompei, ed il finale alla sua distruzione. In cupa notte l'angiolo sterminatore evocava il demone del Vesuvio, e gli segnava la città condannata all'esterminio: la ragione non me la ricordo, ma sarà stato al solito il secolo corrotto. Sorgeva lo spettro rovente dal cratere alla voce dell'angiolo, mostrandosi dalla cintola in su come Farinata; e mentre colla forcina plutonica solleva le lave del vulcano, coll'altra mano sparge di ceneri la città condannata. Questa l'introduzione. L'interesse della favola si fondava sull'amor figliale. Un soldato classario vuole riscattare sua madre schiava. Nel Circo, a chi vincesse un gladiatore famoso si prometteva una somma che bastava al riscatto. Il figlio lascia la sua coorte, si traveste, vince l'avversario, riceve il premio, libera la madre; ma è scoperto, il suo centurione lo mette ai ceppi, per poi giudicarlo. La madre gli è al fianco, lo conforta, lo abbraccia, gli annunzia libertà dopo breve castigo: intanto è notte, comincia lontano un sordo fragore, cresce, si mesce ad ululati e grida; la terra freme sotto i piedi, le mura si scuotono, una luce sanguigna illumina il cielo, scoppiano i tuoni, e vien giú tutto il bataclan, rompendo, abbattendo, sotterrando la città. La povera madre scongiurata, spinta dal figlio a fuggire, lo vorrebbe sciogliere, ma i ceppi sono grosse travi, ogni speranza è perduta, ecc. Come potrà facilmente immaginare con questa trama c'era da battere la gran cassa su tutti i tuoni.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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