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      ... se non d'essere arrivato a Torino, mi pare, di notte, in una diligenza piena di fieno, con un freddo atroce, e la tosse, ad onta di tutto, guarita o quasi. Mi ricordo altresí che presentandomi a mio padre (pensi se ero stravolto!) mi domandò chi ero. E dopo due o tre mesi sa che notizia ebbi da un mio amico venuto da Roma? Ebbi la notizia che il duca L*** era il mio molto fortunato successore. E questa fu la chiusa del romanzo! Ora dica lei, caro signor lettore, se que' furori di gelosia erano sinceri, ovvero un ingegnoso ritrovato per levarmi d'intorno? Se il duca L*** arrivava interamente nuovo, ovvero se era stato già destinato in petto alla sua carica? Ella si deciderà per l'opinione che le sembrerà piú probabile. Io intanto mi decido per un'altra opinione, anzi per due: la prima, che se Monthyon od altri avessero istituito un premio per la scioccheria eroica, io l'avrei meritato: la seconda, che delle due parti preferisco la mia. Ho la coscienza d'aver compiuto un atto di grande abnegazione, e le memorie di questo genere piú si vive e piú si tengono care, a costo d'essere stato un corbello.
      Come si può figurare, tutte le mie idee, tutti i miei progetti relativamente a Roma, si trovarono mutati. Credo che, andando le cose de plano, non avrei piú lasciato né quelle abitudini, né quel soggiorno. Probabilmente, un mese dopo l'altro, la mia vita si sarebbe consumata in quell'avvilimento. Iddio me ne tolse ruvidamente, è vero, ma con atto, lo comprendo, di previdente bontà. Risolsi dunque di rinunziare definitivamente a Roma, e stabilirmi a Torino ritornando a vivere in casa coi miei. Non dico che questo disegno mi sorridesse molto. Il regno di Carlo Felice non era né barbaro né tirannico nel senso sinistro de' termini.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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