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      Mi confermai nella mia risoluzione di spiantar casa da Roma; e siccome ci avevo studi, libri, disegni, mobili, e piccoli interessi, risolsi di farvi una gita per dar ordine a tutto, e terminarvi ogni mia faccenda.
      Il marchese Crosa, nostro ministro a Roma, ritornava alla sua residenza. Si fece compagnia insieme, e si partí a mezzo febbraio con un freddo che pelava, in legno aperto.
      Vorrei poter dire che, dopo un'assenza d'un anno, informato com'ero delle storielle col Duca, presi con lei, rivedendola, un contegno di fredda e dignitosa civiltà: e se scrivessi un romanzo lo direi per far figurare il mio eroe. Ma scrivo una storia vera, ed ho per le mani tutt'altre che un eroe. Dico dunque che, quando la trovai, bella come un sole, cogli occhi umidi per l'allegrezza di rivedermi, addio gelosia, addio risoluzioni, addio dignità, addio tutti gli eroismi che non reggono quando s'è giovani, ad una voltata d'occhi d'una bella donna. Non mi ricordai piú di nulla, non mi parve (ed a lei, son certo, parve lo stesso) d'averle mai tanto voluto bene, e mi sembrò d'esser piú su del Paradiso.... Ma tutto era fantasmagoria di immaginazione e di sensi. Il mio cuore era un mucchio di ceneri, e cenere rimase. Passata la prima vertigine, me ne accorsi, e le risoluzioni prese rimasero incrollate.
      Non voglio però che l'ultima mia parola su essa sia una parola amara. Essa ebbe buone doti ma poco intelletto e pochissimo criterio. Nessuno s'occupò mai di formare il suo cuore o i suoi sentimenti: visse in mezzo ad una società ov'era spento ogni senso del vero, del generoso, dell'elevato; che cosa poteva aspettarsene? Speriamo che anche a Roma, finalmente, duri o no il governo papale, si capisca che esser nati all'ombra del Campidoglio non basta, e che bisogna anche pensare all'istruzione ed alla educazione di chi ci vive.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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