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      Non pensavo a divertimenti. Gli ho sempre trovati gran seccature (salvo un buon teatro quando si cantava); allora poi!... con Barletta ed i suoi cavalieri!... Si figuri! Molti si stupiscono, alle volte, che non s'amino le feste, i balli, i pranzi, i cosí detti divertimenti: se costoro potessero provare per mezz'ora i piaceri dell'immaginazione, del concepire e creare nel mondo fantastico, non si stupirebbero piú e vedrebbero qual differenza! Una riflessione però mi si presenta: come mai codeste gioie, che veramente hanno del divino, non producono opere egualmente divine? Che cosa sono, invece, al paragone le opere umane anco le meno imperfette?
      Malgrado però tutti i miei entusiasmi, in fondo in fondo, udivo nel cuore quella terribile voce che nei piú bei momenti vi schernisce, e vi gela col maledetto dubbio: "A te ti paion meraviglie, e chi sa invece che scioccherie inventi!" Certi caratteri non dubitano mai. Beati loro! Certi altri invece guai se all'atto del produrre sono assaliti dal dubbio: ed io sono fra questi. Per uscirne, dissi a me stesso: "Non c'è altro che mostrare quello che hai fatto a chi se n'intenda, e non t'inganni."
      Come consigliere e censore scelsi Cesare Balbo, figlio d'una sorella di mio padre, quindi mio fratello cugino, e svisceratissimo amico. Egli fu uno dei piú belli e generosi caratteri che già da molt'anni si siano visti in Piemonte; e se permette, ci fermeremo un momento per dirne due parole.
      I suoi antichi venivano di Chieri, graziosa città a sei miglia da Torino, fra le colline dietro Superga; quondam repubblica, nominata al tempo della calata di Federigo Barbarossa. Ab antiquo c'erano tre famiglie dette i tre B di Chieri. I Benso di Cavour, de' quali fu Camillo: i Bertone di Sambuy, de' quali un ramo si stabilí in Francia, e ne uscí le brave Crillon; e finalmente i Balbo, de' quali nacque Cesare, e suo padre Prospero Balbo, anch'esso uomo d'alta mente, di vasto sapere e di specchiato onore.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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