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      Nessun galantuomo deve e può tollerare d'essere sospettato; ond'egli si ritirò nell'Astigiano in una sua villa, detta Camerano: e v'attese a quegli studi di erudizione storica principalmente, che produssero i libri da lui successivamente pubblicati. Non ne parlo, perché oramai il merito ed il nome di Cesare Balbo è res judicata. Mi basta d'averlo introdotto nel mio racconto coi lineamenti principali della sua fisonomia e del sua carattere. Lo verremo trovando di nuovo piú d'una volta in seguito, ed avrò importanti occasioni di parlar di lui, e mostrarlo a maggior bisogna che non fu quella di farsi censore degli esordi dell'Ettore Fieramosca.
      Lo pregai dunque di ascoltarne i primi capitoli, ed egli v'acconsentí con premura. Venuto da me una sera e messici accanto al foco, principiai la lettura un po' tremante, perché ero nello stadio del dubbio e dello scoramento: ma egli mi rimise presto il fiato in corpo, e dopo una ventina di pagine che aveva ascoltate impassibile, mi si volta dicendo: - Ma questo è molto ben scritto! - Mai musica di Rossini o Bellini mi suonò all'orecchio piú dolce di quelle parole. In conclusione, il principio gli piacque, e siccome mi voleva grandissimo bene, me lo disse con tanto calore che pareva fosse una sua vittoria. L'indomani mi rimisi al lavoro con piú furore che mai, e mi feci animo di parlarne a mio padre che desiderò vedere quello che già avevo fatto. Ma egli cominciava ad essere travagliato di quell'infermità che poi, poveretto, l'anno dopo lo tolse di vita: ed ogni piccola tensione di mente l'affaticava, onde poco potei leggergli del mio lavoro. Quest'uomo raro veramente, logorato prima del tempo dai dispiaceri e dalle lotte sostenute per pretta virtú contro un carattere impetuoso, per quanto sentisse venirgli meno le forze, indarno si cercava di persuaderlo d'astenersi da certe fatiche; il sacrificio di sé era diventata la sua seconda natura, e seguitò, fino al totale esaurimento d'ogni vitalità, i suoi lavori in pro di que' principî ch'egli stimava utili all'Italia e sola base della società.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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