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      Quell'imbecille - si suol dire - credeva che il far testamento affrettasse la morte; ed ecco ora liti, avvocati, spese!... Che balordo!
      Piú d'un caso m'è occorso vedere di persone cadute in disgrazie per lo sciocco ribrezzo di un loro maggiore a pronunziare la parola lascio, e ad ammettere che il mondo non volendo finire, bisognerà pure avere eredi.
      Quanto a me, firmato l'atto con mio fratello, avevo in tasca il mio testamento; onde in tutta la mia vita, rimasi intestato soltanto quella mezz'ora che penai ad andare da casa mia all'uffizio del notaio, al quale lo consegnai. Io credetti buono per me questo consiglio, e però mi permetta il lettore che lo creda buono anche per lui, se mai non ci avesse pensato da sé.
      Un altro consiglio che, vivendo e provando, si trova buono egualmente, è quello di non farsi romanzi domestici. Finché il padre vive, la casa è una e può servire per tutti i fratelli. Ma morto il padre, la casa non è piú una. Vi sono difatti tante case quanti sono i fratelli. Al momento della perdita, i cuori sono commossi, e si prendono partiti che non sempre alla prova riescono: e ciò senza taccia o colpa di veruno, ma per semplice forza de' fatti. Basta una differenza di carattere: uno è allegro, disinvolto; l'altro è grave, minuto: uno ama camere scaldate, l'altro le preferisce fresche, ecc. Simili inezie bastano, fra eguali, a generare noie, disturbi che possono farsi origini di serie collisioni. Io non nego che esistano esempi di fratelli uniti in convivenza felice. Beati loro! Ma l'eccezione non fa regola: ed è prudente non stabilire simili convivenze ne' momenti ove il cuore predomina; ma provarle, concertarle, se si credono opportune, sotto la guida della calma ragione.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Beati