Pagina (568/890)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Io provai la verità di queste osservazioni.
      Mio fratello e mia cognata erano veri modelli d'ogni miglior dote morale: il nome che lasciarono di sé fu quello di veri benefattori del popolo. Ambedue tenevano scuole a proprie spese pe' figli de' poveri nelle quali impiegavano somme non piccole. Ma la spesa non la conto come un gran merito. Conto per un gran merito l'aver essi in persona passato ore ed ore ogni giorno con quei poveri bambini insegnando ad essi a leggere, ad esser puliti, sinceri, buoni; a correggersi finalmente di tutte le male abitudini che si prendono nelle classi cui nessuno sinora aveva pensato in altro modo che mandando in galera quando occorreva...; ed alle quali si era però dimenticato procurare la possibilità di essere galantuomo! Conto per un gran merito, in una parola, la carità di pelle; e merito minore, ne' ricchi, la carità di borsa. Io mi ricordo talvolta, d'inverno, d'essermi trovato in casa di mio fratello il dopo pranzo, in quel momento che una persona non giovane, grave di membra, piú desidera il riposo. Suonava l'ora della scuola; Roberto diceva alla moglie: "È ora d'andare." Le si leggeva in viso lo sforzo, poverina; ma s'alzava con un po' di sospiro, ed usciva, fosse nebbia, neve, o pioggia, per andarsi a chiudere tutta la serata in quell'ambiente poco fragrante e soffocato della scuola! Qui sta il vero merito. Alla morte d'ambedue, la loro bara fu accompagnata al camposanto da un nuvolo di bambini, e da' loro parenti; tutta povera gente che il cuore, non l'interesse, conduceva a far, secondo le loro forze, onore a chi aveva pensato ad essi in vita. Mio fratello e mia cognata ebbero cosí il piú raro de' premi quaggiú, la gratitudine non imposta, non pagata, ma spontanea dei beneficati; e speriamo n'abbiano ora da Dio un altro maggiore.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Roberto Dio