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      Questo bisogno d'ordine è per me natura: i casi della mia vita, una serie d'esperienze amare, l'avevano aumentato, e le riflessioni fatte nelle ore di tristezza lo rendevano oramai irresistibile. Nel decidermi a lasciare il soggiorno di Torino per stabilirmi a Milano, non era l'arte la mia sola mira. Io provavo un vivo desiderio di rendere regolare la mia vita; e ricordando le fasi e le vicende di quei miei benedetti amori, venivo costretto a confessare che, allo stringere, mi ero fatto molto male a me, ne avevo fatto molto ad altri, e m'ero procurati in compenso pochissimi beni. E questi pensieri non erano conseguenze di sentimenti religiosi ravvivati; ma puro effetto d'un senso d'equità naturale, col quale giudicavo me stesso ingiusto e colpevole verso gli altri e verso me, ne provavo rammarico, e desideravo mutare abitudini. Capivo benissimo che il senso religioso, anzi una vera e positiva fede mi sarebbe stata un valido appoggio in simili risoluzioni; desideravo averla, non so che cosa non avrei fatto per averla; ma a che servono in questo caso i desiderî? L'uomo, come ho già detto, crede non quello che vuole, ma quello che può.
      Alla spiegazione dell'origine del male data mediante il dogma del peccato originale, la mia mente proprio vi si rifiutava. Quindi cadevano tutte le conseguenze. Furono giorni d'aspre e dolorose lotte. Ma era cosí forte in me quell'aspirazione ad una vita nuova: era, come fu sempre, cosí contrario alla mia natura il durare nell'irresolutezza, ch'io mi decisi d'uscirne, prendendo un partito che parrà strano al lettore: quello di praticare un culto prima di essermi potuto ben persuadere della verità de' suoi dogmi. Io misi in terra il virgulto, sperando le barbe venissero poi: mi diedi a praticare i precetti del culto cattolico, confidando che col tempo la mia mente ne avrebbe poi comprese ed accettate le basi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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