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      (*) A questo proposito confesso che, sebbene io facessi vita artistica e per conseguenza in mezzo ad artisti, non ho mai legato vera amicizia che con un piccolissimo numero di loro. I costumi (anche degli artisti) da trent'anni in qua hanno subite molte modificazioni: allora c'era sparsa nella classe degli artisti una passione latente, ma che andava serpeggiando in molti cuori - pochissimi lasciandone sani - una passione che, sebbene nel Catechismo sia indicata come peccato capitale, pure la si portava con disinvoltura, con grazia e talvolta con tanto garbo, che non solo non pareva peccato, ma quasi vestiva le forme della filantropia. In una parola fra gli artisti c'era un po' l'uso dell'invidia. Io ho assistito a qualche scena che meriterebbe forse di essere ricordata; ma la società artistica d'oggi non ha piú nulla da spartire con quella di trent'anni sono, e la coltura e l'educazione hanno tolto di mezzo molti pregiudizi, fra i quali (io spero) anche quello dell'invidia. Imperocché l'invidia, socialmente parlando e in una data cerchia d'idee, che cosa è se non un pregiudizio? Io, verbigrazia, ho invidia di lei: immediatamente si trova una terza persona che considera lei come una vittima, se non fosse altro per fare dispetto a me: e appena si ha l'aria di vittima, si è poco lontani dalla vittoria. Quest'è il solito giochetto delle umane passioni. E poi si è sempre tentati di non lasciare scappare un'occasione di mostrar buon cuore a buon mercato.
      X è perseguitato dagl'invidiosi, poveretto, mi fa pena, proprio davvero!
      (*)Alle volte accadeva che alcuni quadri dell'esposizione di Brera, anche prima che l'esposizione fosse aperta al pubblico, diventavano d'un tratto o bellissimi o bruttissimi in via pregiudiziale, secondo un gergo che non amo: se ne parlava nei caffè, nelle famiglie; e i quadri non erano stati veduti da nessuno, tranne dagli artisti.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Catechismo Brera