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      Finalmente l'impiegato ripiegò le carte che aveva finito di scrivere, chiuse il suo cartolaro di marocchino nero, e fattoci un inchino, uscí.
      (*) Il Colonnetti allora con aria soddisfatta mi disse:
      (*) - Signor cavaliere, il suo manoscritto è troppo bello perché io osassi toccarlo.
      (*) - Come? - esclamai prendendogli una mano.
      (*) - Ecco: c'è qua e là qualche frase che non ho ben compreso: non vorrei essere preso in fallo senza saperlo.
      (*) Qui mi mostrò una lista ch'egli aveva fatta di alcuni punti oscuri, e di alcuni modi dire che potevano dar luogo ad equivoco. Gli spiegai tutto, e ne fu persuaso: ed io alla mia volta mi chiamai fortunato d'essere avvisato di alcun difetto di oscurità o confusione.
      (*) - E la censura è tutta lí? - domandai pressoché intenerito.
      (*) - Caro signor mio: noi qui siamo giudicati come.... come Ella sa, e siamo giudicati a torto. Certamente, se io avessi dovuto, o voluto far lo zelante, avrei trovato, senza andar oltre le prime cinquanta pagine, di che vietare la pubblicazione del Niccolò de' Lapi. Ma io credo che si può fare il proprio dovere, senza far uso d'uno zelo che torni a danno altrui. Io sono Italiano: se mi fosse provato che la Lombardia senza Austriaci starebbe meglio, saprei qual sarebbe il dover mio. Ma ciò non m'è ancor provato. Veggo anzi che questo è il miglior governo che s'abbia in Italia. Provi un po' a pubblicare il suo manoscritto fuor di qui, e me ne darà notizie."
      (*) In questo discorso io vidi una conferma di quanto non ha guari ho scritto intorno all'Austria, e gli altri governi d'Italia. Le autorità o erano o divenivano per forza piú tolleranti, piú miti di quello che volesse il Gabinetto di Vienna.
      (*) Stetti ancora un po' a parlare con quell'uomo, il cui aspetto serio e buono m'ispirava simpatia e compassione.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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