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      E forse non esiste davvero, se penso alla somma facilità colla quale essa vien confusa colla noia. Io ho avuto la buona sorte di non mai annoiarmi mai; dappertutto, in qualunque circostanza, mi son sempre ingegnato di bastare moralmente a me stesso. So che questa non è una qualità molto comune: a chi non sa stabilire il proprio orario e attenervisi costantemente, vien presto il momento dello sbadiglio, ed ecco il principio della noia. Quand'uno consulta l'orologio, e vedendo che per giungere ad un'ora ch'egli ha fissata, gliene mancano due o tre, esclama: "Cosa diamine ho da fare in queste tre ore?" egli è un uomo annoiato. Ma da ciò alla sazietà, al pensiero biblico della vanità, quanto ci corre! O voi che siete giovani in questi tempi, se v'annoiaste, commettereste un delitto! Non v'annoiate, fate sempre, pensate sempre, adoperatevi sempre.
      (*) M'avveggo che do un po' nella malinconia; la quale a me non giova, e a lei. signor lettore, può produrre appunto quel male contro il quale andavo or ora per premunire i giovani. Torno alla pittura per poco; poiché ho fretta di giungere a cose che diano un po' di serio valore a' miei Ricordi.
      (*) Nel mio lungo soggiorno in Milano, posso proprio dire di aver lavorato: mi è accaduto in un anno di fare perfino ventiquattro quadri tra grandi e piccoli. Per dare un'idea al lettore della fortuna veramente fantastica che mi proteggeva, dirò che molti quadri, appena venduti, venivano subito ricercati da due, tre, quattro mecenati nello stesso giorno. Trovandomi a Loveno, ricevetti un giorno una lettera del mio caro Grossi, il quale, cosí dolce, buono per me, si dava piú fastidi certo ch'io spontaneamente osassi recargli, conoscendo le sue occupazioni.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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