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      Anzi tutto, ciò che principalmente mi guidava era il sentimento della natura: mai non pensavo all'effetto direttamente: ma se l'ottenevo, desideravo ottenerlo nobilmente, ascoltando con pazienza i consigli che il sentimento della natura mi suggeriva. Forse in quel tempo l'arte non era compresa a questo modo, epperciò io fui una novità, una cosa curiosa. E anche questo contribuí a farmi una facile celebrità. Modestia a parte, credo che in quei quadri ed in alcuni altri che ho poi fatti, qualche merito reale ci sia, sopratutto se confronto il metodo allora da me seguito con quello che adottano ora molti artisti anche rinomati: ho visto de' paesaggi, l'autore de' quali mi sembra dicesse allo spettatore: "Volevo fare un bell'albero e delle belle pecore, ma siccome avevo fretta, e il prezzo era già combinato, ho tirato giú quattro segni; i quali però, ben riusciti come sono, danno un'idea distintissima dell'albero e delle pecore."
      (*) Spesse volte ho fatto dispute da metafisico: l'origine del male è sempre stato il mio prurito morale, e Dio sa quanto ne ho parlato con gente più autorevole di me, con amici, con filosofi di professione. Non ci ho mai guadagnato nulla.
      (*) Ma v'è un altro mistero per me ancora piú inconcepibile, ed è la insistenza colla quale individui, de' quali, vedendoli, si dice "Quello lí non può proprio lamentarsi. Come tutto gli va bene!" si sentono inclinati, trascinati, spinti fatalmente a desiderare qualche cosa all'infuori, anzi qualche cosa tutta diversa dal bene e dalla felicità attuale della quale godono. È egli un bisogno di movimento, di mutamento? È egli un triste suggerimento di cattiva passione rannicchiata da un pezzo in fondo al cuore? È egli una legge provvidenziale che vuole che quaggiù a calcoli fatti la somma del male sia sempre maggiore di quella del bene?


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Spesse Dio