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      Maltrattata e poi abbandonata dal marito, ed uscita dalla casa della Regina per intrighi d'anticamera, era rimasta senz'aiuto con due figlie da marito da mantenere. Era uno di que' tipi italianissimi, buona, espansiva, immaginosa, pronta sempre a creder tutti galantuomini ed amici; e in politica ammazzare il tiranno, cacciare il barbaro, emancipare il popolo e via via, senza curarsi di rendersi ragione per quali vie la cosa fosse possibile.
      A poco a poco m'ero dimesticato con la Clelia e con le figliuole, veramente ottime persone ed altrettanto disavventurate; e capitando talvolta a casa loro, ove tutti gli Italianissimi, matti o non matti, birboni o non birboni, erano ricevuti a braccia aperte, avevo conosciuti parecchi di loro. Due fra gli altri m'erano sembrati uomini di proposito, Adolfo S. di Pesaro e Filippo A. di Cesena, e m'ero affiatato con loro. Mi facevano moltissime carezze: il primo aveva il fratello in Castello per gli affari del '32, se non erro. Come Dio volle alla fine uscí, e ripatriarono insieme.
      Il secondo mi disse un giorno ch'egli avea necessità d'aver con me un abboccamento serio e lungo, e fu fissato per la sera dipoi in casa della Clelia. Capii che si trattava di politica, e ci andai preparato, che allora non conoscevo ancora Filippo per quel galantuomo che è.
      Trovatici e messici a sedere, cominciai: - Signor Filippo, dovete sapere che da molti anni soffro d'un dolore fisso sotto le costole dal lato manco, accompagnato da difficoltà di respiro, e talvolta da palpitazioni, ed essendo voi medico intendo consultarvi: ora sentitemi il polso, esaminatemi, palpatemi, e poi ditemi che cosa ve ne pare.
      Era vero che avevo di tempo in tempo sofferto di quest'incomodo: ma non n'avevo mai fatto caso, come di cosa nervosa e di poco momento.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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