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      Che bisognava pensare a tenere altri modi. A quelli che proponevo, tutti sul primo storcevano il muso; ma persuasi poi presto che senza forza non si fa nulla, e che non avendone essi, era da cercare chi ne avesse, finivano dopo molti scontorcimenti ad accomodarsi all'idea di Carlo Alberto. E quel che li fermava era il celebre ed impertinente paragone del ladro, che a tutti pareva argomento senza replica.
      In tanta unanimità di pensieri, trovai due sole eccezioni. E queste - curiosa! - in Toscana: e - piú curiosa! - in due uomini, uno dei quali è sommo per ogni verso, e tenuto per tale da tutta Europa: l'altro, se non gli è eguale, è però persona egregia per cuore, mente e coltura: mente però un po' nel mondo delle astrazioni, come si vedrà or ora.
      Il primo di questi (nessun de' due aveva che spartire nulla colla trafila), quando nominai Carlo Alberto, mi disse: - Come? Carlo Alberto capo de' liberali d'Italia? Eh via!...
      E mutò discorso.
      Il secondo esclamò: - Quel traditore!...
      Io gli risposi: - Prima di tutto ci sarebbe da dire sul titolo; ma lasciamo questo. Traditore o no, egli solo ha forza, danari, navi, soldati....
      Qui mi tagliò la parola: - I soldati romani - disse - quando trovarono traditore il tal generale, (non mi ricordo chi nominasse), l'ammazzarono! Che soldati possono esser questi di Carlo Alberto che lo sopportano?
      Io volli scusare i poveri soldati piemontesi di non aver ancora ammazzato Carlo Alberto, adducendo che i tempi erano diversi, gli usi mutati; fu tutto inutile. E quella maledetta legione romana col suo ritrovato d'ammazzare il suo comandante, pose in rotta anche me, e mi toccò andarmene senz'aver fatto nessun profitto con questo buon galantuomo.
      La mattina di poi il fido Antonio, schioccando la frusta, ci condusse sull'ore fresche per Strettura e Somma alla longobarda Spoleto.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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