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      Teste, teste, voglion esser teste!
      Io alla prima non capivo queste teste; e lui, leggendomi negli occhi la mia tarda intelligenza, aggiungeva:
      - Sicuro, se il governo, invece d'andar tanto colle dolci, facesse qualche testa, vedrebbe come tutto sarebbe chetato!
      Una bagattella,
      dissi fra me! "Chi si sarebbe immaginato mai di trovare un Robespierre in questo bambino?" Ma soggiunsi in petto: "Ancora non ci siamo lasciati, bambino mio; e prima che ci lasciamo, in un modo o nell'altro me l'hai da pagare queste teste."
      Mi fece stizza vedere tutto quel veleno in questo ragazzo: e anche me ne meravigliavo; che avendomi lasciato capire esser egli tutta cosa dei gesuiti, non ci trovavo punto del mellifluo in questo suo sistema delle teste.
      Le poco buone intenzioni che germogliavano in me verso questo coupe-tête di collegio venivano poi aumentate da un certo suo fare dominatore, come se il mondo fosse stato inventato per lui e per il suo comodo in tutto e per tutto.
      Siccome però il mio codice penale era meno draconiano del suo, e che per i suddetti delitti non intendevo applicargli la pena capitale, ma soltanto dargli una penitenza che servisse insieme di lezione, non mi veniva fatto trovarne la via, per quanto mettessi a tortura la mia immaginativa.
      Bastadiss'io: "camminiamo, che per istrada s'aggiusta la soma; e le occasioni non mancano mai a chi le sa conoscere ed usare."
      L'occasione, difatti, non mancò, ed anzi si presentò prestissimo. Si giunse a Camerino sul mezzogiorno, che s'era annuvolato e cominciava a moschinare un po' di acqua. Allo smontare, l'oste mi si fece incontro tutto allegro e mi dette un ben arrivato d'antica conoscenza. Io che giammai l'avevo veduto, me gli volsi mostrandogli qualche meraviglia, ed egli come riprendendosi, disse: " Oh scusi, l'avevo preso in scambio.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Robespierre Camerino