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      Perché in massa la popolazione crede poco alla leggenda che tien ritta e fa prosperare la sua vigna. Quindi s'avvezza a vivere in una continua finzione ed in uno stato piú d'ozio che di lavoro e d'incessante guerra di furberie, d'inganni o peggio, a danno dei forestieri. Finalmente perché i paesi piccoli, ov'è un'invasione perenne di quest'ultimi, sono sempre i piú guasti di tutti.
      Il mio caffettiere deplorava ingenuamente, non tanto la diminuita divozione alla Santa Casa, quanto il diminuito concorso di pellegrini che, sotto il sanrocchino, avessero le tasche mobiliate di buoni zecchini. Infatti non vidi nella chiesa e ne' dintorni se non contadini, burrini, ciociari di Regno; e certo con costoro il mio nuovo amico non potea far guadagni.
      Qui mi separai da Antonio; e fermato un posto per Ancona con un altro vetturino, al salire trovai che avevo per compagno di viaggio un bel Francescano.
      Siccome codesti frati hanno voce d'esser un po' liberali, forse per tradizione dal loro fondatore mantenutasi sino a noi, mi divertii a dirgli un tanto snaturato bene del governo del Papa, che alla fine il suo liberalismo si risentí, e me ne disse in risposta tutto quel male che merita. Con questo trastullo arrivai in Ancona.
      In questa città, uscendo una mattina dalla mia camera in locanda, trovai ritto accanto alla porta un gendarme: e siccome in quel tempo essi erano miei nemici politici, e non avevo ancora avuta occasione di diventare loro camerata, come l'ebbi nel '48 - e me ne tengo, - quando si portarono cosí onoratamente a Vicenza ed altrove, dubitai d'avere la poco grata sorpresa d'una sua visita, e forse d'una passeggiata in sua compagnia. Ma il sospetto si trovò vano; egli faceva altra posta della mia, e non fu altro.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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