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      Dopo un minuto d'anticamera, lo scudiere di servizio m'aprí la porta; entrai in quella sala che è dopo l'anticamera di parata, e mi trovai alla presenza di Carlo Alberto che stava ritto presso la finestra e che, risposto con un cenno cortese del capo alla mia riverenza, m'accennò uno sgabello nel vano del finestrone: mi vi fece sedere, ed egli si pose in faccia.
      Il Re, in quel tempo, era un mistero; e per quanto la sua condotta posteriore sia stata esplicita, rimarrà forse in parte mistero anche per la storia. In allora i fatti principali della sua vita, il '21 ed il '32, non erano certo in suo favore nessuno poteva capire qual nesso potesse esistere nella sua mente fra le grandi idee dell'indipendenza italiana ed i matrimoni austriaci; fra le tendenze ad un ingrandimento della Casa di Savoia ed il corteggiare i gesuiti, o il tenersi intorno uomini come l'Escarena, La Margherita, ecc.; fra un apparato di pietà, di penitenze da donnicciuola, e l'altezza di pensieri, la fermezza di carattere che suppongono cosí arditi progetti.
      Perciò nessuno si fidava di Carlo Alberto.
      Gran danno per un principe che sia nelle sue circostanze; perché con queste povere astuzie, affine di mantenersi l'aiuto di due partiti, le perde invece d'ambedue.
      Il suo aspetto medesimo presentava un non so che d'inesplicabile. Altissimo di statura, smilzo, col viso lungo, pallido ed abitualmente severo, aveva poi nel parlarvi dolcissima la guardatura, simpatico il suon di voce, amorevole e familiare la parola. Esercitava un vero fascino sul suo interlocutore; e mi ricordo che, mentre mi parlava le prime parole, informandosi di me, che non aveva veduto da un pezzo, con una cortesia benevola tutta sua, avevo bisogno d'un continuo sforzo, e di ripetermi continuamente in petto: "Massimo, non ti fidare!


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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