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      Seppe il tradito Arnaldo come la donna da lui tanto amata, un anno dopo la sua partita, erasi per un caso, non raro in que' tempi, scoperta unica figlia non già del povero arciere creduto sino allora suo padre, ma d'un nobile e possente barone, il cui dominio era a confine con quello del padre d'Arnaldo. Il fratel suo, non che sentisse amore, ma ad accrescer l'avere, cercò la mano della donzella, e l'ottenne; poiché al potere, agli onori, alla ricchezza presente mal regge in cuor di donna la memoria d'un amante misero e lontano e la fredda speranza d'un incerto avvenire.
      Udita la trista novella, parve al tradito giovane rimaner solo nell'universo; a piè dell'altare di San Michele della Chiusa venne a deporre l'armi ed ogni pensier terreno, ed a cercar pace. Un anno di penitenza e di solitudine aveva in parte sedate le tempeste del cuore, ma la sventura non cosí presto s'allenta, quando ha preso a saettare un misero. Stanno le antiche ferite per esser crudelmente riaperte; chi n'è stato alla prova, dica, se questo non supera ogni altro dolore.
      Mentre, come vedemmo, egli attende a' suoi devoti esercizi, sale dal fondo del precipizio quel sordo fremito, che suol produrre una moltitudine lontana: spicca frammezzo qualche chiaro squillo di tromba, come i lampi, che si vedono strisciar leggieri in un lontano ammasso di nubi. Si scuote il monaco, s'inclina sul parapetto del balcone, vi si abbandona vedendo lampeggiante nell'armi e ricco di mille colori avanzarsi il serrato squadrone. Le sue guance, la fronte mutano il color pallido e bruno, che le copriva: frutto questo delle antiche ingiurie d'un sole ardente, quello della penitenza. Gonfio il petto di sospiri repressi, segue cogli umidi sguardi piú di tutto un pennone, nel quale l'occhio di lince del cenobita distingue un oggetto, onde sembra dipenda ogni esser suo, tanto v'affissa disperatamente lo sguardo.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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