Pagina (684/890)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E la provvidenza? risponde il povero.
      E di tutto questo bene nessuno lo loda, nessun adulatore gli vien a dire ch'egli è un uomo senza pari, nessuna gazzetta ne parla!
      Ecco i veri eroi! Ecco quelli che bisogna riverire, e chiamar grandi. E quando si ha la buona sorte d'incontrarne, bisogna farli conoscere, onde non venga meno fra gli uomini la fede nella virtú.
      Questa buona sorte l'ho avuta io non è gran tempo, e non voglio lasciare di renderla nota al pubblico narrando un caso avvenuto nel comune d'Azeglio l'estate scorsa.
      La notte del 5 giugno mentre imperversava un furioso temporale scoppiò il fulmine e cadde su una povera casa posta in mezzo alla terra, e circondata d'altre casupole, che per raccolto ricoverato di fresco si trovavan tutte ingombre di biade, fieni, strami e d'ogni cosa piú combustibile.
      Il fuoco s'apprese, avvampò ed in poco d'ora divenne invincibile; già ardevano i tetti e le travate e i poveri contadini che abitavano sotto, tutti in letto con le mogli ed i figli stanchi della giornata, ancora dormivano.
      I vicini se n'accorgono; chi corre al campanile e fa dar nelle campane, chi batte colpi disperati all'uscio de' poveretti per destarli, chi animoso si butta al terribil conflitto del fuoco.
      In un momento i destati sbalzano fuori di casa; gli uomini mezzo nudi, le donne co' figli in collo, per la mano, attaccati ai panni, che presi in furia, a stento le coprono: tutti storditi, tutti gridando, tutti piangendo, numerando ognuno con ansia se la famigliuola sia tutta in salvo. Si trovano, si riconoscon pure alla fine, sono salvi, nessuno è perito. La prima parola di que' poveretti dopo la disgrazia, è ringraziar Dio d'aver loro scampata la vita!
      Intanto il fuoco si dilata: da una casa si comunica all'altra, ma tutti gli uomini della terra e molti altri di fuori son corsi e lo combattono, e, se non è possibile spegnerlo nelle case alle quali è già appreso, ch'essi non hanno alle mani né trombe, né acqua, tentano almeno, rovinando mura, tagliando travi, scoprendo tetti, riparando con lenzuola e coltri inzuppate i fienili, d'impedire s'apprenda a quelle che ancora non ardono.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Azeglio Dio