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      E di questi che donavano nessun n'avea di troppo, nessuno toglieva quel dono al suo superfluo, ma al proprio bisogno; e nessuno di questi è stato lodato, conosciuto fuor di paese, o citato ne' fogli, e neppure si cura di esserlo, poiché ha fatto il bene spinto dal solo motivo pel quale bisogna farlo, per amor di Dio e degli uomini.
     
     
      La Lega Lombarda (1843-1847)
     
     
     
      CAPITOLO I
     
      La terra di Lombardia alla quale né l'ingiuria della fortuna, né la malignità degli uomini non poteron mai tôrre la sua bellezza, era però alla metà del secolo duodecimo (epoca del nostro racconto) assai men ricca ed assai men bella che non è a' giorni nostri.
      Cento turbini di guerra avean per piú secoli devastata questa terra felice, ove il seme degli antichi abitanti s'era smarrito, se non perduto, ne' torrenti delle invasioni germaniche. Sotto le lunghe ed amare dominazioni de' Longobardi e de' Carolingi, era nato un nuovo popolo dal violento congiungersi delle razze tedesca e romana. Questo popolo, che fu poi l'italiano, destinato da Dio a cosí brevi glorie e tanto lunghe miserie, s'era a poco a poco sottratto alla dura signoria degli imperatori, i quali stretti dalle guerre d'oltremonti, non avean modi o forza di raffrenarlo. Durante la guerra delle investiture, i vescovi, o fossero di parte imperiale o di quella della Chiesa, erano stati costretti, per reggersi, a valersi delle forze e de' favori del popolo. Né s'intenda per popolo soltanto i capitani, valvassori, o altri nobili d'inferior grado, ma con questi anche i mercanti, gli artefici, in una parola, tutti gli abitanti della città, i quali, sollevati cosí a piú alti pensieri, e forti del prestato aiuto, vollero vivere di propria ragione, e ripensando l'antica maestà di Roma riavere i consoli e reggersi a comune.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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