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      Da oltre cinquant'anni durava in Lombardia questo stato, e malgrado le difficoltà d'ogni nuova signoria, malgrado gli odi e le guerre tra vicini, antica pazzia di noi Italiani, le nascenti repubbliche erano già divenute le piú ricche e potenti d'Italia, anzi di tutta Europa. Milano per l'antica autorità della sede di Sant'Ambrogio, e per la virtú e potenza di parecchi suoi vescovi, o per altre cagioni, che ad essere rintracciate vorrebbero troppo lunghi ragionamenti, era la prima, la piú forte di tutte. Basti a dar idea della sua ricchezza la spesa fatta nel cingersi di mura l'anno 1155, spesa che passò cinquanta mila marche d'argento(33) I suoi edifici, le chiese, le torri, eran la meraviglia di quell'età, e (con barbari versi, è vero) l'esprimeva Donizone, sin dal secolo antecedente, nel suo poema della contessa Matilde.
      Il contado milanese(34), rimasto per lunghe età ed in gran parte selvatico ed incolto, mutava aspetto e forma rapidamente sotto il provvido reggimento de' comuni, e le lande sterili, le paludi, le selve corse e calpestate per tant'anni dalle incursioni e dalle cacce de' barbari, si mutavano ora in campi, in prati, in terre fruttifere, e di questa trasformazione cagione ed istromento principale erano i monaci di Chiaravalle, stabiliti nel 1155 da San Bernardo.
      Dopo aver dissodate e messe a coltura le terre del monastero, offerendo cosí ai loro vicini esempi e modelli d'operosità e d'agricoltura, dopo essere stati si può dir essi gli autori del sistema d'irrigazione tanto mirabile nella terra lombarda, e prima origine della loro ricchezza, i monaci cluniacensi s'adopravano onde propagare le loro dottrine ed i loro modi presso gli agricoltori de' contorni ed a quelli che, avendo terre incolte le volean dissodare, concedea l'abbazia di Chiaravalle uno de' suoi monaci(35), il quale la prendeva in cura, dirigeva i lavori e, ridotta a coltura, la restituiva al padrone.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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