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      Che cos'eran due poveri schiavi per Azzone degli Osii?
      Accennargli col capo che s'alzasse fu la sola sua risposta a quelle tanto calde parole: e molti tra il popolo pensarono, o bisbigliarono sommessamente all'orecchio del vicino: - Che superbiaccia hanno que' grandi di Milano!
      Noi, conoscendo l'orgogliosa natura del giovinetto, possiam poi aggiungere che senza le parole di Lanfranco e la curiosità di vedere se avrebbe saputo attenere quanto prometteva, probabilmente il figliuolo era venduto e separato per sempre dal padre. Eppure il cuore d'Azzone non era né barbaro né perverso. A ogni modo quale egli si fosse lo dirà il séguito di quest'istoria.
      Il rispetto, o, per dir meglio, il timore che già provava la moltitudine alla presenza d'uno de' primi grandi di Milano, prima che si fosse veduto come andrebbero a parare le sue pretese, assai arroganti per non dir peggio, s'accrebbe al doppio quando apparve con quanta facilità avesse vinta la prova: e fu tanto maggiore la meraviglia, quanto piú il castellano era tenuto uomo selvatico, feroce, e da non piegarsi agevolmente all'altrui volontà.
      E se il lettore anch'esso si meravigliasse soverchiamente del modo ond'era seguito questo fatto sappia che Milano sin dal principio del presente secolo era divenuta, per potenza, invincibile, e, per arroganza, superbia e soverchieria, insopportabile alle città ed ai popoli di Lombardia: e, quand'ebbe rotta guerra ai Comaschi nel 1117 e presa, distrutta, spopolata la loro città, dopo dieci anni d'assedio: quand'ebbe con altrettanto vigore, assaltati e sottomessi i Lodigiani, non conobbero piú i suoi cittadini limite o modo alle loro orgogliose violenze. S'immagini, dunque, se uno de' primi grandi di Milano avrebbe temuto, o sofferto, il rifiuto di sí leggera cosa, qual'era la cessione di due schiavi, da un piccolo valvassore d'un castelluccio del contado di Bergamo, e se questi, per altra parte, a non esser pazzo espresso, avrebbe voluto per simil cagione tirarsi addosso la potente casa degli Osii, e forse l'intero Comune di Milano.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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