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      Fra due che abbiano egualmente voglia l'uno di parlare, l'altro d'udire la conclusione è facile e pronta: e, senz'esser troppo pregato, Ardengo apriva il cuore al suo compagno di viaggio con queste parole:
      - Sicuro che ho qualcosa pel capo, e piú sull'anima... Oh che vita, che vita!... e pensare in questo mondo essere un povero schiavo, e in quello di là... star forse peggio... Ma, e se non ho altro bene al mondo fuor che il povero Vopisco... vo' dir Lanfranco mio!... E non c'è parole, vedete, frate Brisiano, per dirvi l'amore che gli porto... e non sono un ribaldo, sapete; non lo sono stato mai per sessanta e piú anni... e tutto quel che fo, lo fo per lui, non per altro, per lui, per non vederlo piú schiavo... per ritornare libero il sangue mio, come lo fu ab antico... Oh! mi riuscisse prima di morire! mi riuscisse, e morrei domani, oggi, in questo punto! morrei contento qui dove son ora, senza muovere un passo.
      Ed il vecchio si fermò curvo, colla mano indicando la terra. L'atto, le parole, la sua voce tremula e profonda mettean pietà; e la sentí il buon frate, che, posandogli con affetto una mano sulla spalla, gli diceva:
      - Via, quietati... e parlami piú aperto ch'io t'intenda, buono Ardengo.
      - Compatitemi... come volete che sappia parlare... da bambini ci tirano su come le bestie... al lavoro... e nient'altro... pur beati che ci diano il battesimo!... Basta, avete ragione, non concludo nulla a parlar cosí, e vi tengo a noia co' miei lamenti. Ecco. Il padrone lo conoscete, sapete che omo è. Non tocca a me dirne male, che, se non era lui, Dio sa che ne sarebbe del figliuol mio ora. Avete inteso questo fatto.
      Il frate accennò di sí.
      - Io non vo' dirne male, è un valente signore.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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