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      - Ma ancora non son guadagnati - soggiungeva con un po' di sospiro. - Orsú, mettiti in ordine, che fra un'ora... - Non poté finir la parola, interrotto da frate Brisiano, che, non essendo addormentato, come sembrava, avea udito; e a questo punto balzato in piedi, disse con voce severa:
      - Ardengo! Io t'ho a parlare, e tu, Lanfranco, vattene a dormire. - Il giovane, un po' a malincuore, ma pure ubbidí, scostandosi da Ardengo, che rimase collo sguardo basso d'un ragazzo preso in flagrante dal suo maestro.
      - Ardengo - riprese il frate - io credevo che le parole che t'avevo detto stasera per la via fosser bastate, e m'avvedo ch'io ho preso errore. Ardengo! Se tu vuoi andar per la via d'inferno, a te sta; ma non hai pensato, che non perdi soltanto l'anima tua, ma perdi la sua insieme. Ti pare amor di padre codesto?
      Il povero schiavo, infatti, non era andato tanto in là col pensiero. Conosciuto ora che, a tirare seco il figlio alla colpevole impresa, si giocava non solo l'anima propria, ma anche la sua, gli cadde ogni forza, mise un gemito dal profondo del petto e, battendosi le mani sulla fronte, esclamò:
      - È vero! è vero!... Oh, Iddio ci aiuti dunque.
      - Ora hai detto bene: credi tu che sire Azzone e tutti i grandi di Milano e del mondo gli desser suggezione e gli contrastassero far di Lanfranco un imperatore, s'egli volesse? E, s'egli volesse lasciarlo schiavo, credi tu che basterebbe la vista a tutti costoro di farlo libero? Tieniti dunque amico Iddio, e non ti curar degli altri.
      A queste semplici parole, cessò finalmente del tutto il titubare d'Ardengo. Mesto, abbattuto, ma confortato pure d'alte speranze, chiese al frate che cosa dovesse fare.
      - All'alba - rispose questi - tornerai a Milano, Non hai ad ingannare il signore; narragli la cosa com'è; digli che in tutto lo vuoi servire, ma non in quelle cose che son contro i comandamenti d'Iddio.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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