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      Ma ad una sposa bella, ricca e di nobil sangue sarebbe mai potuto cader in pensiero che vi fosse stato sacrificio nell'unirsi con lei? Nacque, però, assai presto occasione, che diede modo a Lantelmo di fare larga esperienza del suo nuovo sistema.
      Gli Arabi delle montagne, violando gli accordi, rupper guerra ad un tratto al barone di Trapani, il quale, colto all'improvviso, mentre con non molta compagnia se n'andava senza sospetto verso Palermo, per poco non fu morto o preso e poté a grande stento salvarsi, lasciando uccisa sul campo la maggior parte de' suoi. Riaccese cosí con maggior furia l'ire delle due parti, ne seguirono sanguinose fazioni, ove i Saraceni, al valore ed al numero opponendo la disperazione, ressero a lungo e, alla fine, non avendo altra difesa, si ristrinsero e fecer testa sull'ultime vette del monte Erice, ove afforzarono il luogo, già per natura fortissimo, di travate e di fosse; ma per difetto d'acqua vennero in pochi giorni ridotti all'estremo.
      Neppur per questo volendo calare gli accordi, o disperando ottenerli, ovvero per rabbia contro il nome cristiano, aspettarono un ultimo assalto, nel quale, sforzati alla fine per ogni parte, perirono quasi tutti, colle donne, co' vecchi e co' fanciulli, sotto la spada de' vincitori.
      Scesero i Cristiani da quelle cime, lasciandole coperte di migliaia di cadaveri, e rientrarono in Trapani con appena una trentina di prigioni, quasi tutti feriti e maltrattati, tra i quali era l'Emiro, capo ed autore di quest'ultima guerra, una sua figlia, ed alcuni de' principali di lor nazione. Chiusi in una bassa fossa del castello ad aspettarvi la morte, vennero da' Cristiani bandite feste ed allegrezze di molti giorni per celebrar la vittoria.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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