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      Aldina, addormentata, o forse desta, in braccio al marito!
      La camera nuziale era poco distante, nell'andito stesso ov'era la sua: tendeva l'orecchio, levandosi sulle ginocchia da terra, poi, senza neppur esser conscio di ciò che facesse, si trovava nell'andito, poi alla porta degli sposi: vi rimaneva immobile e freddo come un sasso spiando ne' silenzi della notte una parola, un respiro, uno strepito; ma tutto era cheto, e solo sentiva i colpi furiosi del cuore che gli batteva le pareti del petto. Udí, o gli parve di udire, una voce, un debol rumore. Nell'inferma fantasia gli lampeggiò un sospetto, il piú orrendo per chi si trova al suo caso; fu per mancare, sentí congelarglisi tra le fauci l'anelito, la mano gli corse ove soleva appender la daga; fuggí da quell'uscio col terrore ed il ribrezzo con che si fugge da un serpe e, tornato in camera, ricadde anelante sul suolo.
      All'alba, il disgraziato si risentí. Levandosi da terra e guardandosi per la persona, si trovò fatta a brani la camicia che lo copriva ed il petto segnato di liste sanguigne. Gli parve pure sentirsi meno agitato, e poté piangere e pregare. Aldina, che nulla potea immaginare di tutto ciò, rivedendolo nella giornata piú che mai pallido, vieppiú ne sentiva pietà e si studiava mostrarglisi amorevole; ma, a quel modo, invece di rimedio gli porgeva veleno. Alla fine, tanto fu l'affetto che le si dipinse negli sguardi, nelle parole e ne' modi, che era del tutto impossibile potesse il Templario conservare il suo retto giudizio.
      Gli nacque in cuore un senso dubbio ed indefinito, non consentito dalla ragione, ma che, alla fine, era pure speranza. Cercò avidamente nella sua memoria esempi che potessero renderla meno vana e improbabile.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Templario Aldina