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      Se avessero poi ragione, siam molto lungi dal volerne essere garanti.
     
     
     
      CAPITOLO VI
     
      Ardengo intanto era ritornato.
      Entrando nel portone di casa, tremava d'imbattersi in Azzone e già gli parea vederselo davanti, domandandogli come fosse riuscita l'impresa e non mettendo sicuramente in dubbio che gli si fosse potuto disubbidire.
      Ringraziò in cuore Iddio di non vederlo né alle finestre, né in cortile e, scavalcato alla stalla, prese le bisacce ov'era la malaugurata cassetta e, muro muro, s'avviò allo stanzone della masnata.
      V'erano pochi schiavi che attendevano a mettersi in gala, vestendo i loro migliori panni, che erano cappe di pignolato(74) verde, foderate di volpe. Frastrado, scudiere d'Azzone, avea loro recato l'ordine di rassettarsi per parte di Willa e stava per andarsene, quando entrò Ardengo, che, facendo forza a se stesso per simular sicurezza, gli domandò se fosse in casa il padrone. Frastrado, che era aldio, perciò uomo mezzo libero, soleva stare assai sulla sua trattando cogli schiavi, ma con Ardengo, che sapeva molto innanzi nella grazia e ne' segreti d'Azzone, teneva altri modi. Gli rispose dunque meno laconicamente e con piú garbo che non era suo costume cogli altri della masnata.
      - È uscito or ora di palazzo, che v'è stato Consiglio di Credenza... e se ne veniva verso casa quando ha incontrato sire Obizone di Pavia... Ti ricordi? quello d'anno... che ebber che dire la sera, là, in casa di sire Anuzone. per la cosa delle reliquie. Mi son fermato per vedere se volesse nulla da me ed ho udito quell'insacca-nebbia di Pavese che era tornato sul discorso, e quasi pareva volesse dar la baia al padrone, dicendo che stava per giungere la gran meraviglia e che, quando fosse a Pavia, avrebbero in tasca i nostri Re Magi; e rideva come un asino ch'egli è.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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