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      Malgirone! - ripeteva - per la croce d'Iddio, non mi lasciar cosí. Scendi un momento, o dimmi di costí... una parola. Che ha ad esser di Lanfranco? Che hai detto? Ho inteso, sai. Oh, lo fai dunque apposta per straziarmi!
      Il falconiere lo stette ad ascoltare un poco senza rispondere; poi uscí e, fatto correre il chiavistello, chiuse e se n'andò a' fatti suoi. Ed Ardengo, reso sicuro che s'era allontanato, scoteva con disperata forza la pesante trave nella quale aveva incastrate le gambe e, robusto com'era, riusciva a smuoverla, ma, chiusa con un lucchetto di ferro, era impossibile si liberasse. Vi fosse anco riuscito a che gli serviva?
     
     
     
      CAPITOLO VII
     
      Non osiam lusingarci che sin qua la nostra istoria abbia molto divertito il lettore. Ci basterebbe non averlo troppo annoiato. Ma se, invece, ci fosse appunto accaduta questa disgrazia, se avesse già piú volte interrotta la lettura de' sei capitoli antecedenti coll'esclamazione: - È una gran seccatura questa Lega Lombarda! - lo pregheremmo (dopo avergli presentate le nostre scuse) a far con noi alcune riflessioni che ci potrebbero forse servir di discolpa.
      I racconti del genere del presente possono assomigliarsi ai giuochi, che, se pure riescon piacevoli quando se ne conoscono le regole, son sempre noiosi finché s'imparano e non s'hanno bene alla mano. Alle regole nel giuoco equivale nel racconto il conoscere gli attori che vi figurano, lo scopo al quale tendono e gli ostacoli che per loro si prevedono, e la difficoltà d'istruire il lettore, senza troppo annoiarlo, di queste indispensabili premesse è grande nei racconti di qualsiasi epoca.
      Ma in certe a noi vicine, e delle quali ogni persona mediocremente colta ha necessariamente concepita l'idea dagli studi della prima educazione e dalle letture, la bisogna è assai piú agevole, e cento cose si tengono per sottintese, sapendole il lettore quanto chi scrive.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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