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      Con essa il giullare, dicendola atta ad indovinare qualunque piú nascosta cosa e facendo le viste d'essere da lei indettato, diceva la buona ventura, scopriva segreti, faceva beffe, le quali cose tutte si risolvevano, alla fine, in far ridere le brigate alle spalle di qualche balordo.
      V'era, tra gli altri, in quel crocchio un omaccione grande e grosso come un mezzo gigante, vestito non del tutto all'usanza di Ponente, né del tutto alla saracina, ma un misto d'ambedue, con indosso una schiavina di pignolato oscuro e suvvi un tabarro di pelle conciata e morbida di color naturale, lavorata a tarsia di tasselli e rotelle riportate, di colori gai e variatissimi: in capo un berretto cilindrico ed alto di pelle d'orso, che gli scendeva sugli occhi e co' lunghi velli quasi glieli copriva; una larga e diritta spada alla cristiana gli pendeva a manca ed un pugnale al modo turchesco gli stava infilato a destra nella cintura.
      Del viso di costui si vedevano soltanto due guance abbronzate ed un naso grande e bene squadrato, che il berretto, di sopra, ed una barba nera e folta, di sotto, nascondeva il rimanente. La sua statura, la mole, l'impostarsi colle gambe aperte e le braccia intrecciate sul petto, in atto non curante e sicuro, ammonivano poi ciascuno non esser cosa prudente pigliar confidenza seco, prima di sapere se l'avrebbe gradita.
      Questa precauzione non parve tuttavia necessaria né al giullare né alla bertuccia. Due volte, nel fare i suoi giochi, questa gli s'arrampicò su per la persona, come desse la scalata ad una torre, e fu prima giunta sulla cima del berretto, che il gigante, per dir cosí, se n'avvedesse. Ne scese, però, con altrettanta fretta, o, per dir meglio, ne fu buttata in terra da una manata di colui, che, veggendo ridere ognuno, si girò intorno lo sguardo malcontento, poi, vôlto all'uomo:


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Ponente