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      EDWARDO. Che mi proponi mai! ch'io abbandoni l'armi? Non sai che questo è il mestiere piú onorato che vi sia: io son pazzo per la gloria... E poi dopo che il re ha ricompensato i miei servizi scorsi con questi segni della sua approvazione (mostra la decorazione che avrà in petto) io li dovrei abbandonare?
      GIORGINA. Il prezzo di questo nastro, sarà forse grandissimo benché io a dir vero non lo sappia vedere; ma del resto tu ti sei fatto onore nella scorsa campagna, ora dunque la gloria piú non ti manca. Che poi vogli seguitare tutta la tua vita a correr dietro a questa gloria, mi pare una gran pazzia. Scusami sai, ma bisogna che t'apra il mio cuore. Pensa quanto saremmo contenti vivendo insieme nella tua casa del nostro lavoro; quello che possediamo sarebbe piú che bastante alla nostra sussistenza; senza inquietudini vedremmo crescere la nostra famiglia, ed invecchiando i figli nostri benedirebbero mille volte la risoluzione da te presa d'abbandonar per loro quella gloria che non è da paragonarsi neppure colla vita domestica e tranquilla del buon padre di famiglia.
      EDWARDO. Per carità non mi tormentare con queste immagini. Mi presenti sotto un aspetto cosí seducente la cosa da me sopra ogni altra desiderata, che ne sento piú vivamente la crudel privazione. Ma l'onore si oppone alla mia felicità! Non sai cosa voglia dire tra noi questa parola. Se io adesso lasciassi il servizio sarei sprezzato da tutti i miei compagni; non mi guarderebbero piú in faccia, mi terrebbero per un uomo da poco, per un vile. Ancorché siamo in pace presentemente, non è però forse lontana la guerra... le apparenze almeno sono tali... e tanto basta perché un granatiere onorato non possa in simil circostanza lasciare il reggimento senza macchiarsi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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