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      VAN e DETTI.
     
      (Van s'arresta in fondo al teatro guardando Edwardo.)
     
      VAN. Costui se non sbaglio è il granatiere di cui devo scoprir gli andamenti... Dovrebbe esser lui se gli indizi che il Colonnello m'ha dati, sono giusti... (S'avanza.) Birra, liquori...
      EDWARDO. Qui qui a noi; mi rimane un franco voglio che lo beviamo.
      FRITZ. Sí sí bravo. (Bevono.)
      EDWARDO. Mi viene un pensiero. (Piano a Fritz.) Se questi volesse prendere in pegno la mia sciabola? Gli si può domandare.
      FRITZ. Cautela però.
      EDWARDO (a Van). A quel che pare giungete soltanto adesso nel campo; non mi pare avervi veduto mai.
      VAN. Sí, vengo da Konigsberg per vendere i miei liquori e spero di trovare smercio.
      EDWARDO. Eh fra soldati non manca. Potete esser certo di qualche guadagno. Sovente si trova fra noi l'occasione di negoziare anche qualche denaro: s'intende: basta esser destro, e saper tacere...
      VAN. Eh questo lo so, né ho bisogno di scuola.
      EDWARDO. Lo credo: anzi se volete far meco un piccol negozietto non rimarrete forse malcontento. Ho bisogno per due o tre giorni d'un paio di scudi; io vi do la lama di questa sciabola, che ne val piú di tre, ed al giorno fisso riavrete il vostro denaro col profitto di un franco. Siete contento?
      VAN. Vediamo. (Guarda la sciabola.) So che fo un cattivo contratto ma acciocché facciamo amicizia tenete otto franchi, e datemela.
      EDWARDO (a Fritz). Che ne dici?
      FRITZ. Lo puoi fare. (A Van.) Ma con patto che a me pure impresterete una piccola somma di cui mi trovo aver bisogno.
      VAN. C'accomoderemo.
      EDWARDO. Andiamo dunque a levar la lama qui nella nostra tenda. Ne metterò invece una di legno: per questi giorni tanto non abbiamo rivista. (A Van) Ma tacete, se no l'avete da far con noi.
     
     
     
      SCENA SETTIMA


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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