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      GIORGINA. No, rimani, già m'è passata. Non sperava oggi rivederti sí presto. Che vuol dire? Non hai avuto guardia, esercizio, rivista, e che so io?
      EDWARDO. Ho riuscito a disimpegnarmi ti dirò poi il modo. Per ora non perdiamo il tempo in chiacchiere inutili. Sono venuto innamorato piú che mai a chiederti perdono di ciò che stamane t'ho detto.
      GIORGINA. Di che cosa?
      EDWARDO. A dir la verità nemmen'io me ne ricordo; ma eri meco in collera, e sicuramente avevi ragione. Poi vengo a tentare di dar un assalto decisivo a tua matrigna. Ella già mi ha veduto altre volte; sa chi sono, e prendendola alle buone forse chi sa, non riesca a far qualche cosa. Tu che conosci il suo naturale dimmi un poco qual è il modo d'entrar in grazia presso di lei? Già son sicuro, come soldato, d'esserle in disgrazia; ma questo non mi spaventa. Vi sono tante strade per farsi fare un buon occhio da una donna, che non bisogna mai disperare.
      GIORGINA. Prima di tutto ti dirò che difficilmente le potrai togliere quella prevenzione; ma passiamo su ciò. Se devi però riuscirvi sarà secondando la di lei vanità; che vuoi, ha la pazzia di credersi bella.
      EDWARDO. Mi burli. Credersi bella! E gli specchi son tutti rotti in casa sua.
      GIORGINA. Tant'è: questa è una pazzia come un'altra. E a dirti il vero, dubito che la ragione per cui mi fa continui sgarbi sia in parte perché abbia il dubbio lontano di credersi piú brutta di me.
      EDWARDO. Oh questa non me l'aspettava. Va benissimo; nulla di piú facile che prendere una donna per questo verso; per solito è il fianco debole della fortezza.
      GIORGINA. Scostati per ora, che mi par sentirle scender le scale; quando sarà stata meco qualche momento, allora avvicinati e sappiti regolare.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890