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      Adesso son rimasa sola... eh ci vuol pazienza. Prendete moglie, Edwardo mio, prendete moglie ascoltate chi vi vuol bene.
      EDWARDO. Avete ragione, questo è lo stato piú felice del mondo. E perché non ripigliate marito?
      GERTRUDE. Che volete, povero mio marito mi ha lasciata una figlia e debbo pensare a lei. Se mi maritassi che cosa farebbe ella? Il nuovo marito difficilmente la vorrebbe in casa, e se pur la volesse non sarebbe trattata con quella dolcezza che, non fo per dire, io le ho sempre usata.
      EDWARDO (tra sé). Che dolcezza!
      GERTRUDE. Se riuscissi ad allogarla bene allora chi sa... forse mi risolverei a maritarmi per la seconda volta se non altro per avere chi mi dicesse buona notte quando vo a letto.
      EDWARDO. Anzi lo dovete fare sarebbe pazzia il rimaner cosí. Una donna come voi non avrebbe che a parlare, ne troverebbe le dozzine.
      GERTRUDE (facendo la vergognosa). Eh sí sí, burlatemi.
      EDWARDO. No no dico davvero, non burlo.
      GERTRUDE. Certo che per un uomo di giudizio una moglie, che abbia già passata la prima gioventú è sempre piú conveniente.
      EDWARDO. Sicuro; ed a voi giusto la prima gioventú sta passando.
      GERTRUDE. Eh oramai è passata, è passata.
      EDWARDO. Io non posso conoscere l'età vostra precisa, ma dalla fisonomia non si direbbe.
      GERTRUDE. Vediamo; quanti anni mi dareste.
      EDWARDO. Oh questo poi non sarei al caso di giudicarlo; v'assicuro che non me n'intendo affatto affatto.
      GERTRUDE. Dite dite su, a un dipresso.
      EDWARDO. Non saprei. (Da sé.) Qui sta l'imbroglio. (Forte.) Non potrei immaginare. (Da sé.) È meglio dir poco che troppo. (Forte.) Forse circa... che so io... circa i ventotto o i trenta... non vorrei dir troppo. (Da sé.) Ne avrà novanta.
      GERTRUDE. Bravo avete indovinato, ne ho compito ventinove che son pochi giorni; pare che lo sapeste.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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